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Tokyo 2020-21: le Olimpiadi più femministe di sempre

Ora che i giochi olimpici di Tokyo 2020-21 sono finiti, si può dire che sono state le Olimpiadi più femministe di sempre. C'è stata una partecipazione del 49% di donne atlete, il numero più alto nella sua storia, così come voci alzate e varie misure adottate a favore della parità.

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) è riuscito a fare un passo avanti, ma non è sempre stato così, perché prima del 1900 le donne non facevano parte dei Giochi Olimpici. Solo nel 1921, quando Alice Milliat (fondatrice della Federazione internazionale degli sport femminili) si oppose al rifiuto del CIO di includere le donne e organizzò tornei mondiali femminili, il comitato fu costretto a riconoscere che le donne avevano un posto nei giochi e che la loro natura fragile era solo un pregiudizio. 

Per celebrare i nuovi successi, noi di AdottaUnRagazzo abbiamo messo insieme una compilation dei momenti che hanno segnato le Olimpiadi di Tokyo, stile Girl Power.

Per la seconda volta nella storia, il CIO ha nominato una donna come presidente del comitato organizzatore: Seiko Hashimoto. Sotto la sua guida, si è passati da 7 donne a 19 su un totale di 45 membri.

Alla cerimonia di apertura, l'uguaglianza era in evidenza, poiché i paesi partecipanti dovevano portare due portabandiera, una donna e un uomo. Naturalmente, c'è stato chi ha rifiutato, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l'Indonesia, l'Eritrea e il Tagikistan. (Buuu)

Il calendario delle competizioni è stato cambiato per dare alle finali principali, la stessa visibilità sia per gli uomini che per le donne, insieme alla televisione in prima serata e ai giorni del fine settimana. 

La salute mentale, i record battuti, le proteste femministe e le azioni forti degli atleti hanno dimostrato che è possibile e che dobbiamo continuare ad alzarci e andare verso l'uguaglianza. 

La squadra norvegese di beach volley femminile ha rifiutato di indossare un bikini, sostituendolo con pantaloncini, per denunciare l'ipersessualizzazione del corpo femminile. La nazionale francese ha fatto lo stesso, mentre la squadra di ginnastica tedesca, sostenuta dalla sua federazione, ha deciso di indossare i leggings. 

Il femminismo intersezionale era presente. La lanciatrice Raven Saunders, femminista e attivista LGBT+, ha fatto un segno di protesta mentre riceveva la sua medaglia d'argento. La Saunders ha incrociato le braccia in una 'x' per segnalare "l'intersezione dove stanno tutte le persone oppresse".

Simone Biles, aveva inizialmente abbandonato, ma poi con il suo grande ritorno, ci ha portato nel mondo di ansia e/o depressione che colpisce gli atleti a causa della grande pressione a cui sono sottoposti. Nonostante questo, la forza di Simone l'ha riportata come una grande

L'onda di sorellanza sui social media che hanno difeso dagli haters la medaglia olimpica sudcoreana An San, che è stata vista con i capelli molto corti, è stata davvero rincuorante. Più di 6.000 foto sono state raccolte su Instagram, così come 1.500 messaggi che denunciano il sessismo e chiedono alla Korean Archery Association di opporsi agli haters. O il caso di Naomi Ōsaka, che ci ha mostrato che la solidarietà può andare di pari passo con la competitività. Azioni di sorellanza dentro e fuori la pista!

Battere i record mondiali e i record personali! Diversi atleti si sono superati, come Yulimar Rojas e Ana Peleteiro nel salto triplo, Sydney Mclaughlin in 400m ostacoli, Jasmine Camacho-Quinn in 100m ostacoli, Tatjana Schoenmaker in 200m rana, Kathleen Ledecky in stile libero, Emma Mckeon in 50m stile libero (che non solo ha battuto il suo record, ma anche vinto 7 medaglie), Adriana Titmus 200m stile libero, o Sky Brown che alla sua giovane età è diventata la più giovane medaglista.

L’Italia ha vinto 40 medaglie totali, tra oro, argento e bronzo, di cui 15 sono state vinte da atlete.

Questi sono solo alcuni degli incredibili eventi che i Giochi Olimpici ci hanno lasciato e che sicuramente passeranno alla storia.

Il divario di genere è ancora un problema, poiché le atlete, le allenatrici, le arbitre e le giornaliste (commentatrici) sono ancora in minoranza, ma la lotta per l'uguaglianza continua. Ci vediamo a Parigi 2024.

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