Adopte

Adopte

Cristiana Girelli si racconta ad AdottaUnRagazzo

La nostra prima intervista su AdottaUnRagazzo: Cristiana Girelli.

Attaccante della Juventus e della Nazionale italiana di calcio, risponde a qualche domanda su di lei e su ciò che pensa sul Campionato Mondiale femminile.

In molti non sanno che Le Azzurre non si qualificavano da ben quattro lustri e che quest’anno, grazie a Cristiana e alle altre, c’è anche l’Italia delle donne a concorrere per la vittoria!

Noi in una stanza senza luce, lei nel corridoio di un hotel tra un allenamento e l’altro… il tutto in diretta dalla Francia (ok, ma basta che non vinca pure ‘sta volta…)

Io e il mio assistente ci presentiamo rapidamente e goffamente, poi è lei che mette a nostro agio noi, che siamo tutto fuorché giornalisti.

Puoi presentarti brevemente? (Facciamo finta di non saper chi è)

“Sono Cristiana Girelli, ho 29 anni, vengo da un piccolo paese in provincia di Brescia che si chiama Nuvolera. Ho studiato al liceo scientifico per poi iscrivermi all’università di Biotecnologie che ho frequentato per 3/4 anni. L’ho lasciata perché mi portava via troppo tempo. Ad un certo punto della vita devi fare una scelta e capire qual è la tua priorità. Io ho deciso che la mia era il calcio e fortunatamente ho avuto ragione. Un po’ mi manca lo studio, prima o poi penso che ricomincerò. Per il momento mi sto concentrando pienamente sul calcio”.

Come è nata la tua passione per il calcio?

“Da bambina, quando ho iniziato a camminare. I miei genitori mi raccontavano che prendevo a calci qualsiasi cosa mi capitasse tra i piedi. Le bambine in genere raccolgono il pallone con le mani se ci giocano, io lo calciavo lontano. E da lì… è nata la mia passione. Sono sempre stata molto sportiva, ho fatto basket e tennis e calcio insieme poi mi sono fiondata sul pallone”.

Potresti parlarci del tuo periodo più difficile? Come ne sei uscita?

“Ho avuto un infortunio nel 2011 che mi ha obbligata a star lontana dal campo per 4 mesi, però l’ho vissuto con lo spirito giusto. Era arrivato il momento in cui ero full e… secondo me gli infortuni non arrivano mai a caso quindi l’ho accettato e sono tornata “più forte di prima” come si dice. Ed è vera questa cosa. Della serie che ti spinge a confrontarti con te stessa.

Ho avuto un altro momento duro quest’anno quando sono arrivata alla Juventus. I primi mesi sono stati difficili, un po’ perché i risultati della squadra non arrivavano e come si sa, quando non arrivano, ti senti responsabile. E molto. Ora ho preso le mie rivincite vincendo lo Scudetto e Coppa Italia quindi… sono contenta, ho avuto tante soddisfazioni”.

E il periodo migliore?

“Dal punto di vista calcistico e di performance, se così si può chiamare, è stato l’anno scorso. Ho fatto un anno veramente bello con il Brescia femminile, a livello di prestazioni e anche in termini di risultati, poi ci siamo qualificati ai Mondiali dopo vent’anni ed è stato… bellissimo”.

Sei una calciatrice a tempo pieno o svolgi parallelamente un'altra attività professionale?

“Ho deciso di essere una calciatrice a tempo pieno perché non avrei sostanzialmente tempo per fare altro. Fortunatamente la Juve ti dà la possibilità di fare quello e di farlo al 100% perché ti mette a disposizione tutto come, per esempio, le strutture e lo staff, quindi mi sveglio la mattina, vado ad allenarmi poi esco dal campo che sono le 3 le 4 quindi tempo per fare altro ne ho poco… però… sono contentissima così".

Quali difficoltà hai incontrato nella tua carriera?

“Fortunatamente ho vissuto un’adolescenza felice perché ho giocato fino ai 14 anni coi maschi ed ero il capitano della squadra. Tutti i ragazzi della squadra mi rispettavano profondamente quindi non sono mai stata discriminata. Anzi, mi trovavo talmente bene che non volevo nemmeno più andare a giocare con le femmine. Poi ho dovuto cambiare per forza. Quello che mi dispiace oggi è ci sono degli ignoranti che provano a scalfire quella che è la tua dignità. Mi può prendere il nervoso 10 secondi poi dico… ma cosa sto lì a perdere energie? L’altro giorno leggevo il solito commento “tornate in cucina”, e figurati che siamo ai Mondiali. Prima mi davano fastidio un po’, adesso mi fan troppo ridere”.

Come potrebbe evolvere la scena del calcio femminile nei prossimi anni?

“Secondo me siamo e sentiamo di essere ad un punto di svolta. Già questa qualificazione al Mondiale ha cambiato tante cose dando una visione più ampia del calcio femminile. Abbiamo fatto tanto rumore e con altri buoni risultati ne faremo ancora di più. Ora speriamo che tutte le società facciano come han fatto Juventus, Fiorentina, Sassuolo, Cagliari che hanno deciso di investire nel modo giusto, e non tanto per iniziare ad avere una squadra femminile. In questo senso la strada è ancora lunga però sicuramente giusta”.

Prenderesti in considerazione la possibilità di giocare in una squadra mista?

“Credo che sia impossibile da pensare perché il maschio, già per struttura, è diverso. Quando giochiamo contro la Nazionale, giochiamo contro dei ragazzi che hanno 14-15 anni poi non si riesce più a reggere il confronto, quindi una squadra mista penso sarebbe improponibile. Se non per divertimento”.

Il calcio maschile e quello femminile sono esattamente la stessa cosa: stesse regole, stesso tempo di gioco, stesse dimensioni del campo, della palla o delle porte. Perché allora il calcio maschile è molto più mediatizzato? Quali sono gli impatti sulla sua pratica? Hai un esempio?

“Tante persone ancora oggi ti dicono:

“Giocate nello stesso campo dei maschi?” SI.

“La palla che dimensioni ha?” Guarda… è ROTONDA…

“La porta com’è?” Come vuoi che sia? Veramente me lo stai chiedendo?

Il discorso è legato molto al fisico quindi è chiaro che 22 uomini paragonati a 22 donne in un campo da calcio hanno una prestanza fisica più importante però il calcio è uguale. Non cambia nulla, stesse regole, stesse porte… TUTTO uguale identico. E’ più mediatizzato perché gli introiti che ha il calcio maschile sono più elevati. La FIFA ha un budget di 430 milioni per i maschi e 30 per le femmine. Qua già si capiscono le differenze. Per il mondo è iniziata una campagna di EQUAL PAY contro la FIFA per ridurre questa differenza decisamente troppo netta. Alcune persone dicono che lo spettacolo non sia lo stesso ma in realtà tutti quelli che vengono a vedere il femminile per la prima volta, tornano una seconda”.

Chi è la tua giocatrice preferita e perché?

“Non ho mai avuto un idolo perché il calcio femminile non è che fosse così conosciuto, ma con il passare degli anni ho iniziato ad apprezzare una giocatrice tedesca che si chiama Dzsenifer Marozsan. Ricopre il mio stesso ruolo e mi piace come interpreta la partita, è molto tecnica ed intelligente. Se penso ad una giocatrice il primo nome che mi viene in mente è lei”.

Quali sono i tuoi pronostici per la Coppa del Mondo femminile 2019?

“Ovviamente… Italia!!! AHAHAH È un sogno enorme… sarebbe bellissimo…

Però restando con i piedi per terra speriamo di passare il girone e poi tornare in Italia il più tardi possibile”.

Che messaggio vorresti far passare alle donne?

“A volte ci sentiamo inferiori rispetto agli uomini, non perché lo siamo, ma perché c’è gente che ce lo fa credere. Io consiglio alle donne di andare avanti e di credere sempre in se stesse perché prima o poi tutto questo passerà, ma deve partire da noi. Se non crediamo in noi, sarà impossibile. Un esempio è proprio questo: il calcio femminile, che nessuno calcolava fino a ieri, adesso che siamo al Mondiale tutti vogliono salir sul carro… no, non funziona proprio così. Vorrei che le bambine iniziassero a giocare a calcio per divertimento e senza nessun pregiudizio. Femmine sono, femmine resteranno.

Qui da noi ci sono tante ragazze che amano far vedere la propria femminilità. Non si perde la femminilità se si gioca a calcio.

Se sei donna, resti donna”. 

Conclude Cristiana gesticolando col suo smalto rosso fuoco.

La sentiamo vicina al soggetto.

Speriamo che questa intervista vi sia piaciuta, è per voi.

Per farvi sapere che non bisogna essere fashion blogger per essere delle fighe.

Adottate le vostre passioni e… un ragazzo, ma SOLO se avete tempo.

Noi non ci offenderemo, promesso.

Chiara Coppari

mi iscrivo
back to top